Il Dottor Fang entra in ufficio alla solita ora del mattino, puntualissimo, dopo aver detto alla segretaria di far entrare il primo cliente.
Le persiane, dentro la stanza, sono quasi completamente chiuse. Filtra solo un fascio di luce, che illumina il muro sulla parete laterale, e con l’avanzare del giorno si spegne.
Fang controlla la penna, sempre nel suo taschino, il bloc-notes, intonso, la sedia e il lettino, a poca distanza. Tutti i particolari sono al loro posto.
Il Dottor Fang è un vampiro.
Non lo va certo a dire in giro. La sua stessa segretaria ne è ignara. Certo, mantenere una vita in incognito gli costa una discreta fatica, ma d’altronde non ha alternativa.
Entra Miss Gwendolyn Christie, come annunciato dalla segretaria. La donna ha due piccoli segni circolari sul collo, ma non si ricorda perché. Fang, che è veramente uno psicologo, trattiene un sorriso.
Gwendolyn si siede sul lettino. È la sua quarta seduta. Ha un bel collo. Il Dottore serra le mandibole, di riflesso.
La donna incomincia a parlare… Il problema è che è convinta dell’esistenza dei Vampiri, ma non capisce perché, né sa come provarlo. È buffo, dice, perché ogni volta sente il bisogno di parlarne proprio con il Dottor Fang, come se lui fosse l’unico in grado di capirla. D’altra parte, è pur sempre il suo psicologo, no?
Fang conferma. Gwendolyn chiede perché non scriva nulla.
Il Dottore preleva la penna dal suo taschino e si affretta a scrivere qualcosa, qualsiasi cosa, sul bloc-notes.
Proprio nel momento di maggiore necessità, la penna si rifiuta di scrivere, ha esaurito l’inchiostro.
La frustrazione, e la fame, si fanno sentire, crescenti.
La donna tira fuori una matita dalla borsa e la offre al Dottor Fang, per poter scrivere, ovviamente.
La matita è di legno. Il vampiro esita.
Gwendolyn è sul lettino, porge la matita con il braccio allungato. Fang non è in pericolo. E poi deve mantenere la copertura: prende la matita e incomincia a scrivere cose soltanto relativamente connesse a quel che dice la donna.
Teorie di complotto, assurdità sul paranormale. Il Dottore si stupisce da solo dello stato mentale in cui riduce i suoi clienti. Mordendoli, comanda anche le loro menti, ma a volte il subconscio di qualcuno si ribella, scalpita. Quello di Gwendolyn ha convinto anche la sua parte cosciente che i Vampiri esistono, pur non rivelandole perché lo crede.
Stavolta, medita Fang, potrebbe essere l’ultima seduta di Miss Christie. Basta mordere un po’ più su, strappare vena e arteria…
Ucciderla è un rischio, ma resistente com’è al lavaggio del cervello, anche lasciarla vivere lo è.
Un giorno potrebbe realizzare la verità. Esistono dei rimedi ai sortilegi di un vampiro. Non esistono rimedi all’omicidio.
Gwendolyn finisce di parlare quasi un’ora dopo. Ha parlato tanto che ha la gola secca.
Il Dottor Fang ripone i suoi strumenti, dice le solite due paroline di commiato.
La donna si alza e, poco prima di andarsene, si ferma. Aspetta un abbraccio, Fang saluta sempre tutti con un abbraccio. E con un morso, ma di quello nessuno si ricorda.
Il Dottore abbraccia la donna. Prepara i denti, spalanca la bocca, respira. Sta per ucciderla, è sempre un’emozione.
Poi un tremito, acuto e doloroso. La bocca aperta gli si blocca, fatica persino a realizzare cosa è successo.
Lei si allontana. Fang abbassa lo sguardo e vede la matita di legno conficcata nel suo cuore. La donna, durante l’abbraccio, gliel’ha sfilata dal taschino, dove lui l’aveva messa senza pensarci, come faceva sempre con la penna.
Il Dottore rialza lo sguardo, incontra il sorriso della sua cliente.
Gwendolyn Christie è una cacciatrice di Vampiri.
In incognito anche lei, ovviamente.
Il Dottore, con le ultime forze, chiede spiegazioni.
La donna ricomincia a parlare, la gola nuovamente idratata dall’eccitazione: sapeva dall’inizio che Fang era un vampiro. Si è finta cliente, prendendo le dovute precauzioni. Non ha mai dimenticato i suoi morsi, ha solo finto di dimenticarli.
E perché ora, le chiede il vampiro, in ginocchio?
Perché ora ha esaurito la penna.