Il carnevale di Las Vegas.
Death of a Bachelor è il quinto album in studio della band di Las Vegas Panic! at the Disco, oramai divenuta, più che una band, il nome d’arte di Brendon Urie, cantante e unico membro effettivo dopo la dipartita di vari musicisti nel corso della ormai decennale carriera.
La produzione in studio della band ha, di uscita in uscita, avuto la peculiarità di essere multiforme, passando dai ritmi punk rock del primo A fever you can’t sweat out (2005), all’ l’impronta decisamente beatlesiana e semiacustica del particolarissimo Pretty. Odd. del 2008, fino alla deriva pop-elettronica del meraviglioso ultimo album Too Weird to Live, Too Rare to Die, uscito appena un paio d’anni fa.
Ogni giro in studio è sinonimo di una nuova vita per Brendon Urie, e quest’anno, con l’uscita del nuovo album (pubblicato sugli store online il 15/01/2016 e in formato fisico il 22/01/2016) , ciò che era più logico aspettarsi era una nuova e decisa sterzata al sound della band. Questo sicuramente è successo, ma sotto a tutte le novità che vedremo insieme, rimane fortissimo lo stampo pop elettronico.
Death of a Bachelor è un disco che brucia velocemente e in modo deciso la sua energia, che parte come un pugno in faccia e continua senza perdersi in troppi cali di tensione fino all’ undicesima e ultima traccia. Gli arrangiamenti sono un vero e proprio carnevale: tutti gli elementi di una classica rock band uniti a sintetizzatori di qualsivoglia tipo, percussioni elettroniche, armonizzazioni vocali che arrivano dritte dritte dai magnifici esperimenti di Freddy Mercury e Roger Taylor, lo swing di Sinatra, la crudeltà dei migliori beat dance e, soprattutto, ovunque, ottoni, ottoni di ogni tipo.
Si, il vero elemento particolare e caratterizzante dell’album sono gli ottoni, scritti e diretti per l’occasione da Rob Mathes, che riescono ad inserirsi in modo sempre congeniale sia nei pezzi più tirati e “discotecari” come Don’t threaten me with a good Time, LA Devote, The Good The Bad and the Dirty, e il singolo Victorious (vera e propria prova di eclettismo e consapevolezza pop sopra le righe), che in quelli dove si adagiano in modo decisamente meno sperimentale, come la bellissima ballata in pieno stile Sinatra Death of a Bachelor, e nel pezzo più sorprendente dell’intero album per le sonorità Big band, Crazy=Genius.
L’apice del disco arriva senza dubbio con la quarta traccia (uno dei singoli che ha preceduto l’uscita del lavoro) Emperor’s New Clothes, una canzone che ha talmente tanti elementi diversi nella sua struttura che è quasi un miracolo l’essere riusciti a farli convivere in modo così efficace senza generare un minestrone fastidioso e prolisso, mischiando elementi gotici ad armonizzazioni da operetta italiana stile Bohemian Rhapsody, il tutto suggellato da un video che mette in luce anche le notevoli capacità recitative di Brendon Urie.
Death Of a Bachelor è veramente un disco “diverso”, un disco sorprendente che riesce a coniugare molto bene stili tanto diversi, grazie agli espedienti più squisitamente pop, che lo hanno fatto arrivare primo nelle classifiche di vendita I-Tunes in pochissimo tempo.
L’unica domanda che sorge spontanea è: perché in Italia dischi e band come questi non vengono distribuiti e promossi in modo adeguato dal momento che poi ai concerti di artisti stranieri e innovativi come i Panic! at The Disco si trovano migliaia e migliaia di ragazzi che saltano e cantano tutti i pezzi come i passaggi di una messa sacra e irrinunciabile?
Siamo precisi, Death of a Bachelor non è probabilmente il disco che rimarrà nella storia della musica come uno tra i più belli di sempre, ma è un disco intelligente e innovativo come di certo non ce ne sono nella musica dei cosiddetti big qui nello Stivale, e nell’esserlo non rinuncia assolutamente all’ essere orecchiabile e radiofonico, melodico e pop.
Consoliamoci ascoltandolo e continuiamo a sperare in un avvenire più aperto per la musica italiana.
Poveri Illusi?
Francesco Pepe